Far di un Assassino una Star

Far di un assassino una star…E’ paradossale che un chiunque pensi di venirsene in Italia, e non altrove – forse  perché si echeggia  che questo è uno stato ma non è uno Stato – riesca a farlo allegramente e impunemente.
Ed è  paradossale che uno di quei  chiunque, entratoci senza arte né parte e non avendo una occupazione, disponga però – a differenza di molti italiani –  di sufficienti mezzi per mantenersi, avere una vettura, pagarne assicurazione, bollo, carburante, riparazioni restandogli il di più per le spese voluttuarie – ad esempio per ubriacarsi –  senza che si verifichino natura e entità di quelle disponibilità come lo si fa invece con   i cittadini lavoranti e benpensanti.
E se non è  paradossale che avvenga anche che uno di quei chiunque di cui sovente nulla sappiamo possa ammazzare quattro persone (… potrebbe farlo anche chiunque altro), è però paradossale che dopo averlo fatto uno di quei chiunque in luogo di scontare una pena in una prigione, sia ammesso a scontarla in camera con vista e  sia anche consentito impunemente a lui di farsi “soggetto pubblico” e a qualcun altro di trasformare l’assassino in un affare mascherando la cosa  come una provocazione.
Sto vaneggiando?
No. Avvenne esattamente questo, circa dieci anni or sono,  per un certo Ahmetovic (rom) che guidando ubriaco uccise quattro giovani (quattro, non uno!) e, stando alla stampa del tempo,  un certo Sundas ne fece il testimonial di un marchio di fabbrica “linearom” produttrice di jeans con stampate manette (quelle che  l’assassino avrebbe meritato di portare a lungo e che invece forse portò solo stampate sul sedere   facendo réclame agli squallidi pantaloni e guadagnandoci).
Si dirà “son cose vecchie e furono severamente criticate”.
E’ vero. Tuttavia per stabilire se la critica che seguì sia stato un gracidare di rane, se si sia concretamente reagito a simili disgustosi i paradossi – o se siamo sempre disposti a viverne, dovendoli  ritenere la squallida normalità in cui è calato questo sventurato paese –  andrebbe stabilito se l’esecrazione per quel “atto di cinismo commerciale”   abbia poi  provocato la messa al bando commerciale del produttore che fece “la scommessa di fare di un assassino una star” ovvero se costui sia rimasto sulla breccia; e se i suoi  pantaloni con manette siano rimasti invenduti o se ne sia venduto anche un paio soltanto.
Se questo e quelli fossero ancora in circolazione ciò significa  che, qualunque tempo trascorra, ci teniamo quello che ci comoda pur conoscendone il disvalore   e che l’etica di questa società, se mai ce ne ha avuta  una, è cosa del passato….
…. Cos’ha fatto la Cina a fronte della villania dei Dolce e Gabbana?
…. Possibile che dobbiamo imparare da lai cos’è la dignità?

Avv. Domenico Carponi Schittar