Indagini difensive anche nel procedimento amministrativo?

L’atto di indagine nell’investigazione difensiva penale al pari dell’atto delle indagini preliminari svolte dal Pubblico Ministero esplica la sua efficacia fisiologica all’interno del procedimento penale finalizzando tutta l’attività compiuta verso l’archiviazione oppure verso una definizione agevolata del processo che si può ragionevolmente sostenere sia l’obbiettivo principale di una investigazione ben svolta.
D’altra parte, qualora non si giunga a tale sperato risultato e si oltrepassi la soglia procedimentale, il fascicolo del difensore con gli atti compiuti nel rispetto delle regole stabilite dalla Legge del 2001 entra, a pieno titolo, nel processo e supporta appieno l’istruttoria difensiva al pari degli accertamenti compiuti dal PM o almeno così lo si dovrebbe intendere nella volontà del legislatore del 2001 anche se la realtà odierna e’ ben lungi da rappresentare un equo confronto tra accusa e difesa.
Tuttavia quanto sopra non impedisce ed e’ questo l’oggetto dell’odierna questione, che la rilevanza degli accertamenti svolti dal difensore nel corso delle indagini propriamente effettuate possa assumere una rilevanza anche extraprocessuale correlata direttamente e/o indirettamente all’accertamento del fatto di reato.

Art. 391 bis. Colloquio, ricezione di dichiarazioni e assunzione di informazioni da parte del difensore.

Come noto la parte più ampia dell’attività’ svolta dal difensore in sede di investigazione difensiva riguarda la ricerca e l’assunzione di testimonianze da parte dell’indagato, della persona offesa e, soprattutto, di coloro che abbiano direttamente assistito al fatto nel rispetto delle regole, stabilite appunto dalla norme del codice e delle regole deontologiche approvate dall’UCPI all’indomani della pubblicazione della legge sulle investigazioni difensive.
La normativa consente l’acquisizione di testimonianze, utilmente sfruttabili nel corso del procedimento, al pari della recente riforma della testimonianza civile scritta ex art. 257 bis c.p.c. che ripercorre e per certi versi riproduce, il contenuto di quanto prescritto per le investigazioni difensive.
Ciò che assume rilevanza in questo nuovo sistema e’ la centralità’ della ricerca delle fonti di prova e, soprattutto, l’importanza che assume il ruolo del difensore nella fase precedente al processo.
Infatti la funzione dell’avvocato di difesa si amplia notevolmente e non e’ rimessa a mera comparsa, necessaria per il rispetto delle garanzie costituzionali dell’indagato, rinviando l’espressione della propria funzione al dibattimento, in cui la fase dialettica assume il compito di convincere il Giudicante della bontà o meno delle prove raccolte dal Pubblico Ministero. Il procedimento si e’ già concluso all’insaputa del difensore, l’accusa ha già presentato con la discovery il proprio operato sul quale il difensore e’ chiamato ad operare un giudizio critico e nulla di più.
Con la riforma del 2001 il legislatore vuole far assumere all’avvocato un ruolo principale anche nella fase delle indagini preliminari fornendogli strumenti utili per far sentire la propria voce al pari della pubblica accusa. Ciò si traduce in una garanzia per l’indagato non solo formale ma soprattutto sostanziale, al fine di indirizzare le parti del processo verso la ricerca di una verità che non sia più solo processuale e interamente rimessa all’attività di una spesso svogliata e superficiale indagine unilaterale.
Questo almeno nella mente del legislatore del 2001 anche se un’effettiva parità nelle indagini preliminari, come avviene in altri Paesi di Europa, e’ ancora di la da venire.

Art. 391 sexies. Accesso ai luoghi e documentazione.
Art. 391 septies. Accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico

L’altro aspetto di sicuro rilievo in un’indagine difensiva ben congegnata e’ sicuramente l’esame dei luoghi e delle variazioni che l’autore del reato e spesso le autorità inquirenti hanno compiuto sullo stato dei luoghi alterando, modificando e spesso compromettendo il risultato dell’indagine in un senso e/o nell’altro.
Una buona tecnica investigativa deve puntare sull’osservazione dello stato dei luoghi al fine di accertare ciò che sia stato alterato/modificato successivamente al fatto di reato.
L’esame dello stato dei luoghi e delle modificazioni subite costituisce sicuramente l’altro cardine di un’indagine correttamente compiuta e può portare elementi utili alla corretta ricostruzione dell’evento per cui si procede e conseguentemente all’effettivo accertamento delle responsabilità.
Nondimeno a differenza della perizia o dell’esperimento giudiziale che consentono valutazioni ipotetiche a posteriori, non sempre compatibili con la realtà dei fatti, l’accesso nell’immediatezza del fatto e negli istanti immediatamente successivi può rivelarsi illuminante nella corretta ricostruzione della scansione temporale/causale dell’evento.
Sul punto e’ interessante rilevare come manchi ad esempio nel processo civile uno strumento di tale utilità poiché se si escludono i provvedimenti di istruzione preventiva ex art. 696 c.p.c. che, comunque, sono intimamente riconducibili più alla perizia che ad un’indagine unilaterale della difesa, non vi sono, allo stato, mezzi che consentano di indagare su luoghi ove non si abbia una signoria immediata e diretta e quindi se ne impedisca la documentazione senza il consenso del terzo proprietario.

Efficacia extraprocessuale

Si e’ affermato che nell’intenzione del legislatore del 2001 vi era la volontà di ampliare la sfera dei poteri del difensore investigativo in una fase antecedente al processo meno dialettica e più di indagine, volta ad assicurare pari dignità e pari poteri nella ricerca delle fonti di prova e quindi maggior accuratezza nella ricostruzione della verità dei fatti.
Non v’e’ chi non veda che, al di là del’effettiva realizzazione di tale utopistica realtà ancora un po’ lontana, vi sono stati, a margine, “effetti collaterali” non previsti ma, si ritiene, piacevolmente accolti dalla giurisprudenza più recente in vista, chissà, di un’apertura seria e non pregiudizievole alle attività investigative del difensore.
L’atto di investigazione difensiva se ben compiuto, se deontologicamente orientato, se moralmente finalizzato alla ricerca della verità, al di là degli esiti, e’ atto di altissima funzione e produce i propri effetti anche al di fuori della realtà investigativa in cui viene forzosamente incluso.
L’evidenza di tale riflessione si percepisce con tutta la propria forza in tutte quelle realtà giudiziarie che sono intimamente connesse con situazioni processuali di altra natura (civile, amministrativa, tributaria … ecc.) in cui se l’accertamento compiuto in fase investigativa non e’ pregiudiziale (cfr. art. 295 c.p.c; art 3 c.p.p.) tale da indurre collegamenti paraprocessuali e’ tuttavia utile al procedimento istruttorio di quell’altro processo, collegato al procedimento penale in cui sono svolti gli accertamenti, stimolando una funzione extraprocessuale dell’atto di indagine tale da incidere in un “ambiente” che non sia quello proprio dell’investigazione penale.
L’esempio trae spunto da una vicenda comune ai nostri tempi e legata alla comminazione del DASPO in presenza di atti di violenza commessi in occasione di manifestazioni sportive. Spesso l’incidenza della censura amministrativa, rimessa ad una discrezionalità non sempre propriamente figlia delle risultanze dell’indagine penale, sviluppa un procedimento parallelo dinanzi al Giudice amministrativo per l’accertamento della legittimità del divieto imposto, soprattutto laddove l’illiceità’ penale del fatto non venga accertata oppure venga esclusa.
Ebbene, in tali casi si e’ recentemente espresso il TAR Toscana consentendo l’acquisizione del fascicolo del difensore e art. 391 octies c.p.p. nel procedimento amministrativo al fine di accertare la legittimità o meno del provvedimento amministrativo.
Quanto sopra, al di là dell’effettiva rilevanza nel merito degli accertamenti compiuti, comporta una novità interessante nel panorama delle investigazioni difensive, ovverosia la rilevanza del contraddittorio tra accusa e difesa al fine del decidere.
Si rammenti che gli accertamenti del PM convergono nel procedimento amministrativo davanti alla G.A. per l’accertamento della illegittimità del provvedimento amministrativo impugnato. Ebbene, il Giudice Amministrativo con la pronuncia in esame ammette ed assicura pari dignità anche agli accertamenti svolti dal difensore che vengono acquisiti – anche extra termine assicurando quindi un’ammissibilità de plano delle prove a discarico molto vicina a quella prevista ex art. 468 c.p.p. – e assunti nella ricostruzione del fatto al fine di esaminare la correttezza dell’esercizio del potere amministrativo.
Nell’accogliere con plauso questa nuova apertura giurisprudenziale si tradisce un certo imbarazzo laddove non si poteva, ad avviso di chi scrive, immaginare un utilizzo più indicato dell’atto con cui l’investigatore della difesa, nel rispetto delle regole che gli sono proprie (a lui) agisce per portare al Giudice, qualunque esso sia, la corretta ricostruzione della realtà fattuale e quindi contribuisce ad assicurare al proprio assistito un giudizio finale equo, aderente alla realtà e in una parola giusto ai sensi del novellato art. 111 della Costituzione.

Avvocato Massimiliano Chiuchiolo